Fisciano. Dopo 20 anni Don Antonio Pisani trasferito a Pontecagnano
Fisciano. Nessun provvedimento, decreto o atto di qualsiasi natura potrebbe mai cancellare venti anni di sacerdozio vissuti con la gente, tra la gente e in sintonia con quel popolo di fedeli, che lo ha accolto, adorato e qualche volta inviso, ma sempre mantenendo una forma di rispetto che va attribuita nei confronti di colui che quel rispetto se l’è meritato, guadagnato e sudato con un duro lavoro quotidiano. Don Antonio Pisani, dopo l’emissione del decreto firmato dal Vescovo Mons. Luigi Moretti, il prossimo 16 settembre lascerà le comunità di Penta ed Orignano e la guida dell’Unità Pastorale della Valle dell’Irno per trasferirsi a Pontecagnano. Una scelta che ha lasciato l’amaro in bocca ai tanti fedeli, che in questi lunghi venti anni hanno accompagnato l’operato di questo parroco. Giunto a Penta, nel settembre del 1997, dopo la dipartita di don Antonio Santoro, il giovane parroco don Antonio Pisani, all’età di soli 26 anni, come un buon pastore, è stato chiamato a guidare il suo “gregge” nella frazione Penta di Fisciano. Quel ragazzo, venuto da Siano, ed entrato nella sua nuova dimora in punta di piedi, oltre a servire il Signore, ha servito e continuerà a farlo fino al suo ultimo giorno, anche i cittadini di Penta e di tutta l’Unità Pastorale Valle dell’Irno, che nelle mani di don Antonio Pisani hanno affidato le loro preghiere, le loro speranze, i loro turbamenti, i loro buoni propositi e tutto quanto di buono si potesse consegnare a una persona di fiducia per favorire la crescita morale e spirituale di una comunità. Raccontare 20 anni di sacerdozio al servizio, prima delle parrocchie di San Bartolomeo e S. Maria delle Grazie in Penta e di Santa Lucia e S. Aniello in Orignano (frazione di Baronissi) e poi alla guida di tutta l’Unità Pastorale della Valle dell’Irno non è affatto semplice. Don Antonio lascia (solo fisicamente) queste comunità per trasferirsi a Pontecagnano, dove avrà un bel da fare per risollevare le sorti di questa parrocchia. Ma il suo pensiero e soprattutto il suo cuore, continueranno a dimorare tra le mura di quelle tranquille cittadine della Valle dell’Irno, dove ha lasciato un indelebile ricordo, scolpito sia nelle tante opere realizzate che negli innumerevoli atti di solidarietà e vicinanza che questo sacerdote ha compiuto verso gli anziani, le persone sole e quelle meno fortunate degli altri. 1. Sono trascorsi 20 anni dal suo arrivo a Penta. Sembra ieri, quando varcaste per la prima volta la soglia della chiesa dell’Immacolata al centro di Penta. Cosa ha pensato appena giunto in questo paese? “Per me sarebbe stata un’occasione particolarmente privilegiata a pochi mesi dalla mia ordinazione presiedere come parroco un antica comunità che nel tempo ho imparato a conoscere nella sua storia e nelle sue tradizioni. 2. Avreste mai pensato di rimanere così a lungo?
“Già negli anni precedenti, i miei superiori pensavano ad un trasferimento. Poi la complessità delle situazioni soprattutto negli ultimi 5 anni ha portato alla decisione del vescovo Moretti a farmi restare come parroco nella nuova configurazione ecclesiale denominata “Unità pastorale Valle dell’Irno” per guidare e risolvere alcune problematiche inerenti sia le strutture sia le stesse comunità”. 3. In 20 anni questo paese, insieme all’intero comprensorio, è cambiato tanto. Soprattutto grazie al suo intervento sono state portate a termine tante opere che ha consegnato alle comunità di Penta, Orignano e Fisciano. Può dirci, tra queste, qual è l’opera che tiene più a cuore? “In questi 20 anni ho avuto modo di diventare adulto insieme con le comunità. L’entusiasmo che animò l’inizio del mio ministero a Penta portò l’intera comunità a recuperare la monumentale chiesa di S. Bartolomeo chiusa dal 23 novembre 1980 e questo fu l’inizio del grande impegno nel recuperare anche altre realtà dell’Unità, i luoghi di culto e altre strutture di pertinenza delle chiese quali oratori e case canoniche. 4. Uno dei momenti più emozionanti in questa sua permanenza è stato il 5 maggio 1999, quando insieme a una delegazione di Penta si è recato da Papa Giovanni Paolo II per la benedizione della statua di S. Rocco, Patrono di Penta. Può descriverci quei momenti? L’entusiasmo che animò il recupero di tale statua e il ritrovarsi dinanzi a un simulacro ancora più antico di quello che pensavamo, mi portò a decidere di chiedere alla Prefettura della Casa Pontificia la possibilità che il Santo Padre benedicesse la statua. La data designata fu il 5 maggio. L’intera comunità partecipò all’udienza dove il Santo Padre così si rivolse al popolo di Penta: “Saluto con affetto la comunità parrocchiale di S. Bartolomeo in Penta venuta per far benedire il simulacro di S. Rocco in preparazione alla riapertura della monumentale chiesa di S. Bartolomeo”. Ascoltare dalle parole del Santo Padre il nome di Penta portò un entusiasmo enorme, che coinvolse tutti, dai più piccoli a i più grandi”. 5. Ci sono stati anche episodi negativi che hanno caratterizzato il suo cammino. Ultimo quello dell’aggressione subita nella canonica accanto alla Chiesa S. Maria delle Grazie. Cosa ha pensato in quel momento? “L’aggressione di cui fui vittima il 19 dicembre 2015 resta ancora una ferita nel mio animo. Nel momento in cui venivo colpito pensai che finiva la mia vita e chiedevo la misericordia di Dio perché la violenza dei colpi fu tale che non pensavo ad altro. Imploravo Cristo dicendo “Gesù abbi pietà di me”. Il solo ricordo provoca in me paura e angoscia. Come cristiano ho perdonato chi mi ha aggredito. Tuttavia auspico più sicurezza per le nostre famiglie e nel nostre case”. 6. C’è qualcuno in particolare che vuole ringraziare per averla accompagnata in questo lungo percorso? “Devo dire grazie alla Madonna, ai Santi Protettori, ai miei morti e con loro anche grazie a collaboratrici e collaboratori che mi hanno sostenuto in questa meravigliosa, indimenticabile e irripetibile esperienza di chiesa che ho sperimentato in questi 20 anni”. 7. Se fosse stato per lei, avrebbe desiderato continuare la sua opera Pastorale in queste comunità della Valle dell’Irno? “Nell ottica dell’obbedienza si accolgono le indicazioni dei superiori. Umanamente parlando, avendo vissuto questa crescita da ragazzo ad adulto non si possono spegnere entusiasmo, emozioni e ricordi che affiorano nella mia mente e nel mio cuore, ma nel segno dell’obbedienza lascio questa comunità per una nuova comunità più grande con lo stesso entusiasmo arricchito di un bagaglio di esperienza che porto con me. Sono certo che l’entusiasmo dei pentani continuerà col nuovo pastore che arriva”. 8. Cosa ha trasmesso il popolo di Penta, Orignano e Fisciano a don Antonio e cosa don Antonio lascia a queste comunità ecclesiastiche e civili? “Porto con me la storia e le tradizioni che animano le nostre comunità. Il grande impegno che chiedo è quello di ritrovarci come Unità Pastorale, che ha portato nell’idea e nel cuore dei fedeli la voglia che uniti si diventa sempre più chiesa e più famiglia. Vivere insieme il Corpus Domini presso il Campus Universitario ci fa comprendere che intorno a Cristo si può costruire L’Unità. Parlare di un testamento sembra paradossale. Sarei lieto di essere ricordato non solo come l’uomo che insieme alle autorità ha recuperato il patrimonio di Fisciano, ma mi piacerebbe lasciare ad ogni famiglia un messaggio: costruire il futuro senza smarrire la storia del passato e vivere la propria fede come ce l’hanno trasmessa i nostri padri”. Oltre a ringraziare tutti coloro che gli sono stati vicino in questi lunghi 20 anni, don Antonio ricorda un rituale che continuerà a fare anche da lontano. Ogni sera alza la mano e benedice le comunità, dai più piccoli ai più grandi come segno di affetto e di benevolenza verso il suo popolo. Un gesto che continuerà a farlo anche da Pontecagnano.
Mario Rinaldi